Documento Coordinamento fuorisede tarantini (16 gennaio 2009)

  • Gennaio 16, 2009 5:57 pm

Il 2008 è stato l’anno della (seppur tardiva) presa di coscienza della città di Taranto sul disastro ambientale a cui è soggetta da decenni.

Il segno più tangibile della rottura col passato è stato il grande corteo del 29 novembre che ha visto la partecipazione di oltre 20.000 cittadini. Corteo nato spontaneamente e promosso dalle associazioni ambientaliste che ha fatto leva sul crescere nella città di sentimenti di riscatto, voglia di cambiamento e partecipazione.

Per dare seguito a questa mobilitazione e per non ridimensionarla ad un evento sporadico se non unico e fine a se stesso, abbiamo sentito la necessità di continuare a tenere alta l’attenzione sull’argomento e di continuare a mobilitarci con l’ambizione di coinvolgere in questa battaglia anche quella cittadinanza non ancora partecipe e cercando di uscire dai confini locali in modo da far divenire il “caso Taranto” una vertenza nazionale.

Per dare continuità al percorso già intrapreso anche noi fuorisede abbiamo sentito il dovere di partecipare a questa battaglia; proprio noi che siamo stati costretti ad abbandonare la nostra terra, cosi poco propensa alle nostre esigenze di studiare e di lavorare degnamente, vogliamo porre le basi per avere la possibilità di tornare nella nostra città. Abbiamo creato un coordinamento nazionale dei fuorisede tarantini formato da student*, lavorator* e precar*, con tanto entusiasmo e con quella voglia di fare tipica di chi ama la propria terra e vuole renderla migliore, per noi stessi e per gli altri, per le nostre famiglie e per il nostro futuro.
Sappiamo benissimo quali sono i problemi di questa città, dalla precarietà sociale e occupazionale allo scempio ambientale, alla povertà diffusa, alla cultura zoppicante, all’assenteismo delle istituzioni e degli ammortizzatori sociali, tutte cause che rendono Taranto un luogo invivibile e dal futuro difficile. Non tutti i mali della città sono dunque riconducibili alla Grande Industria, ma sicuramente questa ha avuto, nel tempo, un ruolo determinante nel processo di sfruttamento del territorio sotto tanti punti di vista , come quello ambientale, sociale e occupazionale. E’ palese,infatti, come la scelta di una monocultura dell’acciaio abbia stroncato ogni altra possibilità di sviluppo distraendo la città e le sue istituzioni attraverso quel feticcio occupazionale che sta mostrando ormai da tempo i suoi limiti e la sua inadeguatezza. L’intera popolazione è stata vittima per anni del ricatto che l’ha messa davanti alla scelta di lavorare nella Grande Industria o arrangiarsi tra le pochissime e precarie alternative (tra cui la disoccupazione) che il mondo del lavoro tarantino offre. Ormai. però, emerge lampante che il rapporto costi/benefici non è più un elemento vantaggioso nè per la città né per i singoli lavoratori. Dopo oltre 40 anni possiamo affermare che la cattedrale nel deserto rappresentata dall’Ilva appare come uno stabilimento destinato a chiudere, alla luce delle congiunture economiche globali dell’ultimo decennio e dalla crisi internazionale attuale.

Il primo effetto di queste congiunture negative è la cassa integrazione programmata e imminente per circa 4mila lavoratori dell’Ilva, che va a ribadire (se mai ce ne fosse bisogno) di come la crisi la pagano le classi subalterne e non chi, in questo caso specifico, fattura 9,5 miliardi di euro l’anno.

Purtroppo a Taranto la crisi non fa notizia, l’abbiamo sempre pagata in tutti i modi possibili: dagli incantevoli spazi sottratti dalla Marina Militare alla cittadinanza, alle amministrazioni che hanno sciacallato con la complicità della malavita le risorse e le prospettive della città. La risposta che la città insieme alla istituzioni locali, nazionali e comunitarie deve dare, è obbligatoriamente quella di iniziare a programmare un futuro slegato da quelle che sono le basi attuali, e che non passa quindi solo dalla, seppur fondamentale, messa a norma degli impianti inquinanti, ma dal concepire nuovi processi di sviluppo sostenibile per il territorio La nostra aspirazione è che Taranto divenga fabbrica di idee e partecipazione, un laboratorio cittadino permanente in cui tutti e tutte si assumano la responsabilità di pensare un futuro condiviso;un esempio di democrazia partecipativa insito nel DNA MagnoGreco della città.

La legge regionale, approvata il 16 dicembre 2008, che riduce le emissioni di diossine dagli attuali 8 nanogrammi per metro cubo ai 2,5 nanogrammi entro aprile 2009 e a 0,4 entro il dicembre 2010, è sì un passaggio imprescindibile ma non esaustivo, visto l’ostracismo mostrato dal Governo e dal Ministro dell’Ambiente Prestigiacomo nelle scorse settimane. Infatti la legge rischia di essere incostituzionale in quanto, mentre per il diritto alla salute hanno competenze specifiche le regioni, in materia ambientale c’è la competenza concorrente Stato/Regione, ma con un ovvia superiorità del legislatore statale rispetto a quello regionale.

Guarda caso, nei giorni stessi in cui il Ministro ha tacciato i dati dell’A.R.P.A. sull’inquinamento come non attendibili, rimuovendo i tecnici del ministero che li avevano mostrati, Emilio Riva, leader dell’ILVA, ha ufficializzato il suo ingresso nella cordata CAI per il “salvataggio di Alitalia”.

Nasce da ciò l’esigenza di portare la “questione Taranto” al centro dell’agenda politica nazionale, mantenendo salda l’attenzione dei cittadini e continuando a fare pressioni sull’intero arco politico-istituzionale in modo tale, non solo di non perdere le conquiste ad oggi ottenute, ma anche continuare a fare passi in avanti verso la riappropriazione del futuro e del diritto alla salute nostro e del territorio.

Per dare continuità a questo percorso il Coordinamento dei Tarantini Fuorisede lancia per il 30 GENNAIO ’09 (data ancora da confermare per motivi tecnici) una giornata dimostrativa di mobilitazione diffusa su scala nazionale per continuare a controinformare e sensibilizzare non solo il territorio locale ma l’intera penisola.

La piazza centrale sarà ovviamente Taranto dalla quale ci saranno collegamenti diretti e reportage dalle altre città italiane in cui il Coordinamento è presente.