Pisa, un anno dopo

  • Giugno 27, 2019 3:38 pm

Come si vive nella città della Torre dopo un anno di governo leghista?

E’ passato un anno dalla vittoria della Lega al ballottaggio alle amministrative di Pisa; un avvenimento oggettivamente importante, poiché per la prima volta la destra è salita al governo della nostra città. Cosa è avvenuto in questi dodici mesi?

Un gigante dai piedi di argilla

La Lega ha raggiunto in pochi mesi un consenso altissimo, dovuto alla capacità di interpretare, soprattutto mediaticamente, il momento storico. Ma al risultato elettorale non corrisponde un’adeguata presenza di attivisti di questo partito capaci di occupare tutte le posizioni di potere per amministrare un territorio come il nostro, storicamente in mano al centro sinistra.

Da una parte la Lega ha agito per assorbire interi blocchi di potere cittadino, come la lobby di ConfCommercio, storicamente legata al PD, che già in periodo pre-elettorale aveva parteggiato per il centro-destra. Dall’altra, ove possibile, sta lentamente lavorando per sostituire gregari o creare nuove forme di fidelizzazione.

Ma nei fatti è un processo non facile, e soprattutto nelle ultime settimane ha presentato segnali di criticità.

Il più evidente è stato il voto delle ultime amministrative dove in provincia di Pisa la Lega ha perso ovunque, nonostante l’enorme risultato delle europee (il voto avveniva in contemporanea). In particolare nei quattro grandi comuni in cui si votava (San Giuliano, Pontedera, Ponsacco e San Miniato) la destra ha perso a tutti i ballottaggi (a San Giuliano addirittura il centro-sinistra ha vinto al primo turno).

E confrontando il voto alle europee nel Comune di Pisa con quello delle amministrative dell’anno scorso si nota già un’evidente flessione del partito di Salvini.

In contemporanea, il risultato alle europee è stato possibile soprattutto candidando dei “pezzi grossi”, come la sindaca cascinese Ceccardi, che però, per la poltrona a Bruxelles, dovrà abbandonare la fascia tricolore del suo Comune. Un abbandono simbolicamente importante per la prima sindaca leghista della Toscana, che sulla retorica del proprio territorio e del proprio “popolo” prima di tutto, aveva costruito buona parte del suo consenso.

Propaganda e poco più

Amministrare un territorio nella sua complessità è ben diverso dall’atteggiarsi da bulli sui social network; lo hanno iniziato a comprendere gli amministratori cittadini dopo questi primi dodici mesi.

Dopo un’elezione vinta soprattutto grazie al mantra del “prima gli italiani” e grazie al voto delle periferie che hanno punito anni di disinteresse e abbandono da parte del PD, è necessario confrontarsi con le aspettative di quei pezzi di società.

Un paio di esempi fra tutti: le prime contestazioni all’assessora alla casa Gianna Gambaccini sono giunte dalle famiglie sfrattate che vivono in affittacamere (quasi tutte italianissime) che lei si è rifiutata di incontrare, e dagli abitanti di Sant’Ermete che non si sono accontentati delle sue promesse ma la hanno incalzata a realizzarle, fino a smascherarne le menzogne.

Ciò non vuol dire che la Lega è il PD siano esattamente la stessa cosa; alcuni punti fissi della propaganda salviniana sono stati necessariamente sviluppati: le modifiche ai regolamenti per accedere ai servizi sociali e abitativi, per discriminare le famiglie di origine straniera; la creazione di cavilli burocratici per impedire la costruzione della moschea; le idropulitrici in Piazza dei Cavalieri, per scoraggiare l’aggregazione giovanile (o meglio dirottarla su flussi più mercificabili); il divieto a CanaPisa che per la prima volta non ha sfilato per la città ma è stata relegata in un presidio.

E’ vero però che in una città come la nostra, attraversata da soggettività che più volte hanno violato divieti di ogni tipo, non ci si dovrebbe accontentare di denunciare le ingiustizie di chi ci governa, ma ci si dovrebbe piuttosto attrezzare per sfidarle e neutralizzarle nella pratica.

La parola alle lotte

Pisa è in balia del più becero fascismo e razzismo? Occorre cedere alla paranoia, rifugiarsi nel mito del meno peggio, stringere i denti aspettando che passi la marea verde?

La realtà continua a sembrarci ben diversa.

Nei territori, negli ambiti, nei contesti dove si sviluppano le lotte, dove maturano i conflitti (che spesso sono i luoghi da dove in passato è giunta la critica più feroce e indomabile alle politiche del PD) la Lega sta trovando difficoltà a intervenire, o comunque deve entrare in punta di piedi. In Università, con grande frustrazione, i giovani leghisti non riescono nemmeno a realizzare un seminario. Dove c’è lotta non può esserci paura; deve esserci piuttosto l’intelligenza di adeguarsi ai cambiamenti avvenuti nella governance.

Perché le nostre libertà, i nostri diritti continuano a esistere solo nel momento in cui ne facciamo pratica quotidiana e condivisa.