“GIORNATA MONDIALE DEL RIFUGIATO”. E SELAMET?

  • Giugno 20, 2010 5:59 pm

Pisa – Nella "giornata mondiale del rifugiato politico", tantissime le iniziative, sparse su tutto il territorio nazionale, dedicate a questo argomento. Ma mentre si sprecano le passerelle politiche, a Pisa il caso di Selamet è uno dei tanti simboli di quale sia il reale trattamento riservato ai rifugiati politici in Italia.

Quest’anno l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha deciso di caratterizzare la giornata con il tema "HOME-Un luogo sicuro per ricominciare, ad indicare che i rifugiati, persone che sono state costrette ad abbandonare le proprie case a causa di guerre e persecuzioni, hanno il diritto di ricostruirsi una vita in sicurezza e dignità. Per far sì che questo accada, hanno bisogno di un luogo dove possano essere accolti e che dia loro l’opportunità di ricostruire un percorso di vita al riparo dalle minacce e dalla violenza".

Quanto appena riportato appare quasi un paradosso di fronte a ciò che segue: a Pisa non mancherà una passerella istituzionale sull’argomento; questo pomeriggio, infatti, si svolgerà un’iniziativa dal titolo "La tutela dei rifugiati: dai principi all’azione", nella quale interverrà l’assessora alle politiche sociali MariaPaola Ciccone.

Nella presentazione dell’evento si legge:

Il Comune di Pisa ha costantemente partecipato alle iniziative per le politiche di accoglienza pensate appositamente per i richiedenti asilo, i titolari di protezione internazionale ed i rifugiati dal Governo italiano; già dal 1999, il Comune di Pisa partecipò al progetto "Azione Comune" per l’accoglienza dei profughi della guerra del Kossovo e nel 2001, quando nacque il Programma Nazionale Asilo, Pisa era uno dei centri d’attuazione (uno tra i primi 62 tra gli 8000 Comuni d’Italia).


Da allora gli interventi per i rifugiati si sono susseguiti in continuità ed attualmente sul territorio viene attuato lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati Politici). Il progetto sul territorio è coordinato dalla Società della Salute zona pisana ed attuato dall’ Arci Comitato di Pisa. I beneficiari vengono accolti in strutture di accoglienza e seguiti nel loro percorso di inserimento nel tessuto sociale.

Ma al di là delle belle parole del Comune, a Pisa non c’è spazio per i diritti dei rifugiati. La storia di Selamet, uno degli ex-occupanti di via Marsala, è emblematica di una realtà ben diversa da quella che il Comune tenta di descrivere.

Di seguito riportiamo un comunicato del Progetto Prendocasa e delle famiglie di via Marsala, nel quale è descritta la storia di Selamet e la violenza con cui le Istituzioni hanno negato qualsiasi diritto alla sua famiglia:

SENZA PATRIA E SENZA DIRITTI

Selamet è nato in Turchia 37 anni fa.

Selamet è curdo: la sua lingua è curda, la sua cultura è curda, la sua storia è curda.

Dopo essere stato arrestato e torturato dalla polizia turca per non aver rinunciato alla sua identità, Selamet è stato costretto ad abbandonare la sua casa, il suo lavoro, i suoi cari per cercare un futuro migliore per sé e per la propria famiglia, lontano dalle violenze e dalla repressione.

Dal 2001 è in Italia, dove gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico; la moglie, Nazife, lo ha raggiunto nel 2003 con le due figlie più grandi, Medya e Rozerin (10 e 9 anni), e la cugina Nazmye. In Italia sono nati i piccoli Hevi (2006) e Sergebun (2008).

Nel 2007 la famiglia di Selamet è arrivata a Ponsacco, dove si è inserita nella tranquilla vita del paese: Selamet e Nazmye hanno aperto un piccolo negozio di kebab; i bambini hanno cominciato a frequentare le scuole del paese, a fare nuove amicizie, a sentirsi finalmente di nuovo "a casa".

Quando le cose sembravano mettersi per il meglio, è arrivato per la famiglia un nuovo momento di grave difficoltà: la crisi ha costretto Selamet a cedere la propria attività, lasciandolo senza un lavoro e con numerosi debiti ancora da pagare; quasi contemporaneamente, poi, gli è stato diagnosticato un tumore al cervello, per fortuna benigno, ma per il quale ha dovuto subire una complicata operazione e che gli ha procurato un’invalidità dell’80%, che gli rende impossibile lavorare.

Perciò la famiglia, in un momento così drammatico e senza alcuna fonte di reddito, si è trovata nell’impossibilità di pagare l’affitto e alla fine del 2009 ha ricevuto lo sfratto per morosità.

Se Selamet avesse potuto, sarebbe tornato nel suo paese: lì sarebbe stato circondato dall’affetto e dal sostegno di amici e parenti. Ma Selamet non può, perché nel suo paese rischia la vita.

Per questo si è rivolto al Comune e ai Servizi Sociali di Ponsacco i quali, però, non sono stati in grado di trovare una soluzione alla sua emergenza abitativa, aldilà di un contributo di 2500 euro in cambio dell’impegno della famiglia a cambiare comune di residenza. Ma ovviamente 2500 euro non risolvono l’emergenza abitativa di 7 persone tra cui 4 bambini e un malato grave: chi, infatti, affitterebbe una casa a qualcuno che si sa già che non sarà in grado di pagare?

Per questo il nucleo ha deciso di occupare, insieme ad altre 7 famiglie in emergenza abitativa, una palazzina inutilizzata dal 2002 in via Marsala a Riglione, nel comune di Pisa, dove ha vissuto per due mesi e mezzo.

Dopo lo sgombero, la famiglia, insieme alle altre che erano state sgomberate, si è accampata in Largo Ciro Menotti a Pisa. Qui Selamet, nonostante le precarie condizioni di salute, ha cominciato uno sciopero della fame, per chiedere una soluzione abitativa per le 33 persone sgomberate dalla palazzina di via Marsala. Selamet non ha toccato cibo per ben 15 giorni, prima che un malore lo costringesse a interrompere lo sciopero.

Ma le istituzioni sono state sorde anche a questa forma estrema di protesta e lunedì 7 giugno hanno sgomberato le tende di Largo Ciro Menotti. Da quel giorno, Selamet e la sua famiglia vivono ospitati in condizioni assai precarie presso alcuni solidali.

Il Comune di Pisa, che sta cercando alcune soluzioni per le altre famiglie sgomberate, non vuole nemmeno prendere in considerazione il caso della famiglia curda perché, dice, se ne deve occupare il Comune di Ponsacco, in cui Selamet ha ancora la residenza.

Il Comune di Ponsacco, da parte sua, non ha né fondi né case da destinare all’emergenza abitativa.

Così oggi la famiglia di Selamet si trova nella paradossale situazione di essere senza patria e senza diritti.

Se lo stato turco ha torturato Selamet fisicamente, quello italiano lo sta torturando nella dignità, sfrattandolo, sgomberandolo, spedendolo da un ufficio all’altro alla ricerca di risposte che non arrivano mai.

Nella giornata mondiale dei diritti dei rifugiati politici chiediamo

DIGNITA’ PER SELAMET!

Progetto Prendocasa

Le famiglie di via Marsala