Pisa. Licenziamenti all’ospedale: lavoratrici delle pulizie in lotta

  • Ottobre 30, 2012 3:05 pm

90 licenziamenti all’ospedale di Cisanello. Lotta e presidio permanente contro esuberi e spending review

Sono passati pochi giorni dall’invio di più di 70 lettere di licenziamento mandate dalla multinazionale francese Sodexo, a cui se ne sono aggiunte nei giorni successivi altre 20 recapitate dalla multinazionale tedesca Dussman. La lotta per la dignità ed il reddito di centinaia di lavoratrici non si è fatta attendere.

Nella più grande azienda della città, quella ospedaliera, travolta da scandali per la costruzione della nuova sede a Cisanello, iniziano a farsi strada le prime forme di organizzazione contro l’austerità e l’impoverimento. Il quadro è tanto semplice quanto crudele: l’azienda ospedaliera pisana applica la spending review tagliando un 5% di risorse alle ditte appaltatrici, Sodexo e Dussman. A loro volta quest’ultime scaricano i tagli sui lavoratori: il 30 % della foza lavoro complessiva. Su 360 lavoratori tra i presidi ospedalieri di Santa Chiara e Cisanello, sono 93 gli esuberi previsti.

La composizione sociale dei dipendenti Sodexo è più del 90% femminile, di cui più della metà monoreddito. Quest’azienda multinazionale francese è famosa nella zona per la rapina di diritti e salario che compie ai danni dei lavoratori: già qualche tempo fa era stata cacciata via dall’appalto di una mensa scolastica, a causa dei risparmi che faceva sulla scelta del cibo, e per i pessimi rapporti coi dipendenti.

Ma i lavoratori e le lavoratrici non ci stanno. Non cedono alla paura né alla competizione per accaparrarsi qualche briciola. I legami sono troppo stretti in quest’ambiente in cui un operaio guadagna 900 euro facendo 40 ore settimanali, neanche 5 euro l’ora. La maggior parte dei contratti è tra l’altro part time: 3, 4, 5, 6 ore al giorno, in turni anche spezzati. In questo caso la paga è anche di 400 euro.

Le lavoratrici rifiutano di accettare “gli esuberi” perchè di lavoro ce n’è tanto, anzi affermano che dovrebbe aumentare l’occupazione, invece di essere tagliata. A dimostrazione di ciò le loro buste paga: centinaia e centinaia di ore di supplementari e di straordinari. E allora perchè licenziare? Per aumentare i carichi di lavoro – rispondono. “E’ la crisi”, dicono dall’azienda. “No: è il sistema, che va cambiato”. Ed inizia la mobilitazione.

Quasi trecento tessere ha fatto la CGIL in due anni. Grazie alla combattività dei lavoratori ed alla intraprendenza delle delegate. In una situazione lavorativa emblema del sistema della precarietà, i diritti non esistono tanto sulle carte e sulle leggi, ma vanno conquistati e riaffermati sul campo, dagli indumenti ai rapporti con i superiori. Anche il minimo della dignità lavorativa non è mai garantito. Ed è per questo che si è formata un’abitudine alla lotta. Giovedì sera nella sala di via Bonaini della CGIL centinaia di lavoratrici hanno partecipato all’assemblea indetta dalle segreterie. Non sono stati in silenzio, piuttosto hanno esplicitato di non voler transigere sulla loro dignità, né accettare alcun licenziamento, anche se fosse solo uno. Inizia così il blocco dei “supplementari”. Nessuno deve far più un’ora di lavoro oltre il proprio orario: è lo sciopero degli straordinari, per dimostrare quanto “sudicio” rimane in Ospedale senza il lavoro che vorrebbero tagliare.

Dal giorno dopo le lavoratrici decidono di non stare in silenzio ad aspettare la trattativa che può durare molto tempo. Vogliono dare subito un segnale di incompatibilità e rifiuto. Inizia così a formarsi una rete sociale attorno alle lavoratrici fatta di parenti, genitori, mariti e figli, ma anche di amici e conoscenze dirette di quartiere o paese. Sabato mattina vengono chiamati i giornali e le televisioni per la conferenza stampa; il pomeriggio viene montato il primo Gazebo, portato dai disoccupati e precari di Occupy Pisa; e Domenica gli ultras della curva nord espongono allo stadio uno striscione in solidarietà ai dipendenti Sodexo, contro i licenziamenti.

Lunedì, ieri, i primi attriti tra funzionari e segretari dei sindacati e le modalità autonome – troppo accelerate secondo la CGIL – della lotta contro i licenziamenti. Viene montata una grande tenda da campo – la stessa che fu l’anno passato tre mesi in piazza Dante – e cresce la partecipazione e la solidarietà. Si raccolgono firme, si distribuiscono i volantini, si discute con altri lavoratori alle dipendenze diretti dell’Ospedale: infermieri, O.S.S., qualche studente, molti pazienti. Il NO ai licenziamenti è il No alla distruzione del diritto alla salute, sotto attacco dalle privatizzazioni e dai tagli della spending review. Una decina sono gli striscioni che tappezzano l’ingresso del Pronto Soccorso, trasformato in presidio permanente. “Fornero puliscilo te con la lacrimuccia il presidio ospedaliero”, “i politici rubano, i dirigenti incassano, gli operai pagano”, “no ai licenziamenti!”. Alcune operatrici si legano con delle catene di ferro, ma la voglia di lottare e di trasformare la rabbia in organizzazione è troppo forte per tenerle ferme. Quando si viene sapere che alcune (pochissime) lavoratrici continuano a svolgere i “supplementari”, agendo contro la lotta, le loro macchine magicamente si riempiono di uova e pomodori.

Il sindacato è sentito dapprima distante, data la latitanza dal “campo di battaglia”. Poi quasi avverso al volere dei lavoratori in lotta. I segretari si giustificano dicendo che sono a svolgere le trattative, al telefono e con incontri con le istituzioni. Non si capacitano di come sia possibile che i lavoratori vogliano essere protagonisti delle proprie sorti: non sono abituati al ritmo delle lotte, solo a quello della concertazione. Ma di fronte alla violenza della crisi, il compromesso è contemplato solo come calmante, ma senza ottenere nulla. Comunque anche all’Ospedale del Santa Chiara oggi è nato un presidio. Le operatrici e la rete sociale che le si sta creando attorno vogliono lottare, e questa è la prima notte passata in tenda… fino alla vittoria!