Pisa. Le lotte sociali si fanno strada nello Sciopero Generale

  • Dicembre 13, 2014 9:34 am

Circa 8 mila manifestanti hanno sfilato da piazza Guerrazzi a piazza San Paolo all’Orto nella mattina di ieri a Pisa nella giornata di sciopero generale convocato dalla CGIL, con l’adesione della UIL. Sulla piazza pisana sono confluite anche le mobilitazioni delle provincie di Lucca, Livorno e Massa-Carrara. Un territorio complesso, colpito da una trasversalità della crisi tra settori e generazioni. Forme consistenti di rappresentanza sindacale si conservano nel settore industriale sotto attacco il quale, sfilando dietro gli striscioni delle tante vertenze aperte sul territorio, affiancava per le strade di Pisa i grossi numeri del pubblico impiego, la parte più consistente della manifestazione.
La stanchezza del corteo organizzato dalle segreterie provinciali, approciatesi alla manifestazione come punto più alto della capacità di mobilitazione dell’ultima organizzazione di massa del paese, esprimeva però una tendenza contraria alle aspettative della tanta gente scesa in piazza ieri. Con i limiti di rappresentanza sociale, sindacale e generazionale dell’organizzazione confederale si sono rapportate le lotte sociali che sorgono sul terreno della casa, della scuola e del lavoro. In particolare la lotta dei lavoratori della GB all’aeroporto di Pisa ha aperto lo spezzone sociale in coda al corteo avanzando, oltre la sola testimonianza, una proposta di lotta per cambiare e mettersi in connessione con quel complesso di aspettative di trasformazione non soddisfatte dal sindacato.

Lo spezzone sociale, contraddistinto dalle pettorine arancioni della GB, subito in piazza Guerrazzi si è visto ostacolato dal servizio d’ordine della CGIL, schieratosi per non far partire lo spezzone e lasciarlo congiungere al resto della manifestazione. La determinazione dei manifestanti e in particolare dei lavoratori dello spezzone sociale, decisi a prendere parola nella giornata, ha sbaragliato il servizio di polizia delle casacche rosse del sindacato. La stessa scena si è ripetuta anche in via Benedetto Croce, con l’intervento del segretario provinciale Francese e di diversi funzionari, e in piazza Garibaldi, dove un’operaia Sodexo militante dei comitati di quartiere, è stata strattonata e fatta cadere in terra. A spinta le lotte si son conquistate il diritto a unirsi il resto dei manifestanti travolgendo il servizio d’ordine CGIL.
In piazza San Paolo all’Orto lo spezzone sociale si è affacciato al resto della manifestazione con l’obbiettivo di costruire un canale di comunicazione con la tanta gente in piazza. Con interventi al megafono lo spezzone si è fatto largo tra la folla risalendo la piazza fin sotto il palco, evitando la contestazione ai sindacalisti sul palco. In questa maniera un lavoratore della GB, spinto dallo spezzone alle sue spalle, ha conquistato un intervento dal palco, dove, testimoniando dell’esigenza della contrapposizione e della lotta per rafforzarsi e vincere, ha rilanciato sulla pratica effettiva dello sciopero nel blocco. A quel punto un grosso pezzo piazza ha iniziato a defluire dal comizio, ricompattandosi in corteo fuori dalla piazza. In diverse centinaia hanno proseguito lo sciopero bloccando i lungarni e raggiungendo il ponte della Vittoria dove, con i cassonetti di traverso un importante snodo della viabilità cittadina è stato bloccato per quasi un’ora.

Lo sguardo alle aspirazioni sociali ha permesso alle lotte sui territori di attraversare questo sciopero sociale. Sia la dinamica semplicemente contestataria rispetto alla CGIL, sia quella della separazione, propria di chi ancora legge i rapporti con questa solo entro la categoria dell’alleanza o del rifiuto più o meno occasionale, non appartengono al protagonismo delle lotte che ieri si è conquistato un’agibilità in piazza a spinta. Il problema della natura politica del sindacato confederale non esaurisce lo sguardo delle lotte. Queste sanno che i processi di maturazione politica e organizzativa delle resistenze dentro la crisi fanno affidamento solo sulla capacità di maturare la contrapposizione come identità comune nella pratica del conflitto. Questo è un patrimonio e una proposta che non potrà che crescere nello sforzo di intercettare il bisogno di nuove identità collettive prodottosi nella crisi del sindacato.