Management d’austerità: la cassa integrazione a mensa

  • Dicembre 12, 2012 10:36 am

Dopo l’occupazione e l’autogestione della mensa di via Martiri a seguito dell’assemblea d’ateneo e dopo il grande corteo del 14N, partito anche con un picchetto di studenti e lavoratori della mensa, qualcosa sembrava iniziasse a cambiare. Ma la governance in tempo di crisi, si sa, lavora sotterraneamente e la sospensione delle linee veloci il 16 novembre fu una parziale vittoria che, sebbene testimoniasse l’efficacia delle azioni collettive e condivise tra studenti e lavoratori per respingere gli “esperimenti” della dirigenza DSU, ha anche mostrato come qualsiasi gesto capace di alterare i rapporti di forza non solo all’interno della mensa – tra lavoratori, ditte appaltatrici e dirigenza – ma anche all’esterno – tra studenti e DSU – richiede continuità e allargamento. Richiede nuovi livelli di organizzazione nella costruzione della lotta, livelli capaci di estendere l’informalità dei rapporti e connetterli con contesti sociali e lotte contigue ma non comunicanti, pena la riduzione delle istanze direttamente sociali in vertenzialità lavoratoriva e giuslavorativa agevolmente governabile dalla controparte, forte di anni anni di opera legislativa tesa a scardinare le garanzie sul posto di lavoro.

Questo è ciò che si è infatti verificato dopo la sospensione delle linee veloci. Sul doppio fronte del lavoro a mensa, quello del personale DSU, addetto alle cucine e ai banchi, e quello delle lavoratrici esternalizzate delle pulizie, l’azienda ha in un caso tentato di riorganizzare il lavoro, ancora una volta senza confronto alcuno, aumentando i carichi di lavoro e la disciplina sul posto di lavoro, mentre, per ciò che concerne le lavoratrici delle pulizie, si è resa complice dell’entrata in vigore del regime di cassa integrazione.

Il 26 novembre arriva infatti comunicazione che il direttore del DSU Paolo Vicini è intenzionato ad aprire il settimo banco della mensa di via Martiri. Per carenza di personale (471 dovrebbero essere i lavoratori del DSU secondo la pianta organico approvata dalla regione Toscana mentre attualmente sono 416 gli occupati) quest’anno mai era stato aperto il settimo banco degli otto della mensa di via Martiri e, anzi, la soluzione proposta da Vicini per ovviare alla carenza di personale fu quella di introdurre le “linee veloci”. Soluzione, come visto, fallimentare per l’allungarsi delle file nelle linee tradizionali. Ancora una volta dunque è “in emergenza” che la dirigenza DSU, aumentando i carichi di lavoro, pretende di aprire “nuovi servizi”. Infatti, per aprire il settimo banco viene trasferito un lavoratore da ogni isola di distribuzione, cioè chi ricopre il ruolo di rifornire i banchi di posate, bicchieri, pane, frutta, primi e secondi piatti, caricando e scaricando i carrelli dalle cucine al primo e secondo piano. Secondo il direttore Vicini questa figura può essere abolita, lasciandone una per piano coprendo così due isole. Ma sembra che il direttore dal suo ufficio non abbia il polso della situazione. I lavoratori distribuiscono infatti 6-7000 pasti al giorno e ogni isola va rifornita costantemente, al fine di rendere possibile il lavoro e non creare disagi.

Davanti a questa comunicazione i lavoratori e le lavoratrici del Dsu, stanchi di non aver voce in capitolo rispetto alla gestione del lavoro in cucina e dei banchi, stanchi di essere spremuti fino all’osso per coprire personale che non c’è, sono andati a manifestare i loro disagi e dissensi alla dirigente pisana, Magda Beltrami, affermando che si sarebbero rifiutati di lavorare a queste condizioni e che non avrebbero il settimo banco. Vicini, avvisato dalla Beltrami, richiede nome e cognome di quanti hanno manifestato dissenso per avviare nei loro confronti una procedura disciplinare e inoltre, nonostante la carenza di personale, procede all’apertura del settimo banco, costringendo anche le lavoratrici delle pulizie, già in cassa integrazione al 50%, a lavorare come carrelliste ai banchi e aumentando loro ulteriormente i carichi di lavoro già spropositati!

La cifra costante è il lavoro “in emergenza” dove la straordinarietà delle misure prova a imporsi come normalità del funzinamento del servizio: il caso delle lavoratrici delle pulizie prestate ai carrelli è emblematico a riguardo. Altro elemento notevole è l’utilizzo delle procedure disciplinari per imporre, senza confronto, le scelte della dirigenza in materia di organizzazione del lavoro.

Anche la situazione delle lavoratrici delle pulizie della neo appaltatrice Euro Global Service è andata aggravandosi. Il Dsu appaltando all’Euro Global Service (dodicesima per qualità tra le ditte partecipanti alla gara d’appalto) ha risparmiato il 32% rispetto al costo dell’appalto precendente.

Le ore che il Dsu ha venduto sono 3250, rispetto alle 6400 dell’anno scorso. Le ditte appaltatrici sotto il consorzio Euro Global Service (a Martiri e a Betti c’è l’Internetional, mentre a Cammeo c’è Erasmo) devono rientrare in queste ore per non perdere l’appalto, quindi hanno dimezzato l’orario di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori.

Come comprensibile, con il taglio delle ore (su contratti già part-time), presto il lavoro è collassato. Vassoi per terra per l’impossibilità di smaltire il nastro, carrelli pieni, macchinari fuori uso. Due le risposte principali da parte di ditta, DSU e CGIL a fronte di questa situazione.

Da un lato il DSU ha lavorato per “nascondere” il problema: la priorità è non turbare lo studente che mangia ai tavoli, dunque devono essere aumentate le ore in sala lavaggio per far sì che non si accumulino vassoi sul nastro e che nessuno si accorga del disservizio. Questa mossa comporta ovviamente una riduzione delle ore per le pulizie delle sale, delle cucine, delle isole e dei servizi igienici. L’igiene è precaria e i tamponi che verificano l’idoneità sanitaria degli ambienti vengono scientificamente eseguiti su superfici appositamente pulite per il controllo.

Dall’altro lato, nel mentre che le condizioni di lavoro andavano via via peggiorando con le ceste dei bicchieri utilizzate come pedane (vedi foto), una prima assemblea alla CGIL e un successivo incontro tra CGIL e Euro Global Service in data 23 novembre ha deciso per l’introduzione del regime di cassa integrazione in deroga al 50 % per tutte le lavoratrici a partire dal 28 novembre fino al 31 dicembre. Il 3 dicembre invece il DSU farà entrare in appalto una nuova ditta, la cooperativa Corsel, classificatasi seconda nella gara d’appalto. Sul futuro però, per l’anno nuovo, solo un punto di domanda. Non è da escludere che venga mantenuta la cassa integrazione.

Infatti la CGIL, nei giorni successivi agli incontri in via Bonaini, distribuisce a mensa un volantino che spaccia per vittoria la conquista della CIG sostenendo, anzi, l’opportunità della cassa integrazione fin dal primo giorno di appalto, il primo novembre. Ma come? Il DSU appalta un servizio per mandare in cassa integrazione i lavoratori? Ancora una volta gli istituti classici del diritto del lavoro vengono piegati strumentalmente in funzione delle politiche di ristrutturazione aziendale.

Le risposte dei lavoratori DSU convergono verso la proclamazione dello stato di agitazione e verso un’assemblea sindacale in orario di lavoro prevista per il 13 di dicembre. Certo è che rispondere politicamente a questi attacchi deve significare in prima battuta forzare il rapporto operatore/utente come configurato nel rapporto di lavoro e sfruttamento dentro il pubblico dove falsamente questa coppia si oppone. La linea che passa per operatore e utente, tra lavoratore della mensa e studente, è una divisione valida solo per chi, frammentando e attaccando il lavoro, può più agevolmente risparmiare su un capitolo di bilancio che investe però allo stesso tempo la vita delle persone, in termini di salario, e la qualità della vita delle stesse, in termini di servizi, governando e immiserendo così, allo stesso tempo, entrambe.

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